martedì 22 agosto 2006

MODA & MODI

Coatto-traveller e glam-traveller

Borsette fake

C'è un posto dove il cattivo gusto perde ogni freno inibitorio e si lascia andare alle peggiori esternazioni: l'aeroporto. Precisiamo: l'aeroporto per chi è in viaggio di piacere, diretto alla sospirata meta delle vacanze. Pare che questo trasferimento scateni una vera smania di riciclaggio, resuscitando dal guardaroba capi e accessori obliati da tempo, o accantonati, appunto, con la promettente etichetta «me lo metto quando vado via».
Avete mai notato quegli entusiasti gitanti, nella vita reale presumibili colletti bianchi, che attraversano i terminali insalsicciati in tute da ginnastica di lycra con la griffe taroccata e il passaporto infilato nel marsupio che traballa ad altezza ombelico? O le signore che sfoggiano interi set di valigeria Vuitton comprati sulle spiagge di Riccione, short che nella vita reale non avrebbero nemmeno la dignità della palestra, spirali di braccialetti etnici riesumati dal viaggio precedente e da tempo finiti in fondo al comodino, magliette con la scritta «I love Seychelles», da turistainternazionale?
Il coatto-style delle vacanze è trasversale, abbraccia ogni ceto e ogni capo di abbigliamento, è in un certo senso «democratico», omogeneizza tutti in un'indistinguibile marmellata di sciattume.  Se in treno si mantiene una parvenza di urbanità, in aereo ci si camuffa.
Eppure non è sempre stato così. Esisteva, nel secondo dopoguerra, col balenare del nuovo mondo contrassegnato dalla velocità, un vero e proprio glamaeroportuale, con codici e regole precisi. Le classi sociali che viaggiavano e che potevano permettersi il prezzo del biglietto - il jet-set appunto - per volare si facevano un guardaroba a sè. Occhiali scuri, cappelli a tesa larga, tacchi alti, stivali, giacche o soprabiti di pelle e di montone, borse griffate, abitini bon ton e foulard. Basta sfogliare una vecchia rivista dei Sixties per vedere signore di sangue blu e attrici che agli sbarchi e imbarchi si muovono impeccabili come su una passerella, con la stessa eleganza che le loro antenate sfoggiavano per affrontare una lunga traversata o un viaggio in treno. Chic puro, se pur mimetizzato.
Se la democratizzazione dei voli è stata una grande conquista, per la moda da viaggio ha rappresentato un tonfo. L'aeroporto è diventato la «zona grigia» del gusto, popolata da zombie col cappello messicano, la maglietta del villaggio e la finta Gucci del bazar turco piena di souvenir. 

Non resta che attendere i milioni di consumatori dei prossimi anni, quei cinesi e indiani che, affacciandosi al benessere della classe media, determineranno le oscillazioni del gusto. Saranno i loro spostamenti a ridisegnare il glam-traveller del futuro?
twitter@boria_a

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