martedì 28 novembre 2006

MODA & MODI

Di rigore il nero
 
Delphine Seyrig in "L'anno scorso a Marienbad" di Alain Resnais

Per gli appassionati di moda, le «prime» teatrali sono una miniera: ci si possono scoprire deliziosi pezzi vintage che neppure le legittime proprietarie sapevano di conservare in casa (e quest'anno, in pieno ritorno dei terribili Ottanta, anche i reperti da museo sono diventati super-fashion), si può avvistare qualche anticipo di tendenza o qualche - magari involontaria - «celebrazione» di capi storici. Martedì scorso, all'apertura della stagione lirica del Teatro Verdi di Trieste, scelta azzeccata di due signore, l'una amministratrice pubblica in carica, l'altra ex amministratrice, che, con intuito felicemente bipartisan, nel tripudio caleidoscopico che compensava i fiori sacrificati all'austerity finanziaria del teatro, hanno deciso di indossare il sobrio, rigoroso, insuperabile abito nero. Che festeggia appunto ottant'anni, senza aver perso nemmeno unbriciolo del suo magico glamour.
Correva infatti l'anno 1926 quando Coco Chanel inventò «la petite robe noire», liberando il nero dall'idea delle gramaglie e inventando il «pauvre chic». La regina della moda era capricciosa, ma anche pratica: abito nero perchè non mostrava le macchie e si poteva indossare in qualsiasi occasione. E nero perchè doveva star bene a tutte: non a caso Vogue lo soprannominò il «Ford-dress», l'abito Ford, un successo immediato e accessibile, proprio come le automobili di Henry Ford lanciate negli stessi anni.
L'abito nero ha attraversato la storia della moda è ha vestito le icone di stile dello scorso Millennio, prima fra tutte Jacqueline, che ne indossava uno minimale e perfetto in quel famoso viaggio in Francia quando John Kennedy, presidente degli Stati Uniti, disse a voce alta quello che tutti i francesi pensavano: «Sono l'uomo che accompagna Jackie».
Chi non ha un ricordo cinematografico legato a un abito nero? Audrey Hepburn in «Sabrina» e «Colazione da Tiffany», Delphine Seyrig in «L'anno scorso a Marienbad», la Monica Vitti de «La notte». O, per la generazione dei serial televisivi, le quattro amiche modaiole di Sex&TheCity che, pur saccheggiando, in sei stagioni di successi tv, quanto di più variopinto e stravagante abbiano creato gli stilisti di oggi, per la copertina della raccolta dei dvd hanno scelto il «little black dress», corto e sensuale come loro.
L'abito nero è potente: non servono accessori, basta una borsa gioiello, un sandalo dorato o, se proprio non se ne può fare a meno, le perle finte che metteva Chanel. E, oltre a essere bipartisan, è democratico: difficile che faccia sembrare qualcuna ridicola. Prima della «prima», fa bene ricordarlo.
twitter@boria_a



Monica Vitti ne "La notte" di Michelangelo Antonioni

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