martedì 14 novembre 2006

MODA & MODI

La zampata animalier

 Christian Dior, 1947

Il riscatto della «leopardata». Si muove nella sua giungla metropolitana ricoperta da stampe animalier sempre più sfrontate. Il maculato non accetta mezze misure, o si ama o si odia. Eppure, anche chi lo considera da sempre un po' trash, più adatto ai divanetti delle discoteche di quart'ordine o alle veline con le labbra a parabordo, quest'anno non può che lasciarsi intrigare dalla sua insistenza. Sugli orli di guanti e delle sciarpe, quasi sfuggente, sui cappellini in cavallino a stampa giaguaro, come accessorio che fa il protagonista, su scarpe col tacco vertiginoso ma anche su mocassini, ballerine e galosce, infine su cappottini altrimenti bon-ton, camicie di seta da sera chiccosissima, e un'intera, inesauribile collezione di borse e pochette, l'animalier diventa ironico, giocoso, divertente o seducente, senza mai perdere quella sua vena un po' dozzinale e volgaruccia. Da lui si sono fatti tentare non solo stilisti decisamente a loro agio con le stampe da novella Jane (il solito Cavalli che ama la decorazione-provocazione, Dolce & Gabbana e il ludico Moschino), ma pure sacerdoti della sobrietà, improvvisamente folgorati da questo grido ferino in un inverno di ripensamenti e di austerity.
Il leopardato è in bilico tra orrido e provocatorio, tra indulgenza e debordanza. E' questo il suo fascino, il rischio costante di strafare, di  andare oltre il consentito, di passare la misura, quello sfacelo estetico sempre in agguato che lo rende fantasia da centellinare, poco e per poche.
C'era un tempo in cui zebrato e tigrato erano glamour. Icone riconosciute di stile come Coco Chanel e Jackie Kennedy sceglievano cappottini e cappelli animalier, sfidando l'impatto del total look, e in un cappotto a macchie si è avvolta anche la torbida Anne Bancroft del «Laureato». Nel 1947, nella collezione «new look» che cambia la storia della moda, Christian Dior manda in passerella abiti ferini e pure Valentino, negli anni Settanta, lancia le pellicce di zibellino foderate in maculato.
L'animalier piace anche al mondo della musica, al rock anni '70 di Rod Stewart e Keith Richards, poi ai punk più arrabbiati e al popolo della disco-music, ma il suo incontro con le culture giovanili invece di trasformarlo nell'arma estrema dell'eccesso, lo relega a tappezzeria di serie b, sprofondandolo nel trash. Ci vorranno Alaia, poi Prada e Dolce & Gabbana, negli anni '80, perché l'animalier torni a collimare con un'eleganza meno ingessata, ma le sue fortune non si risolleveranno più tanto.
Sarà questo l'inverno del riscatto bestiale? Molti segnali dicono di sì. Persino le catene dell'intimo a buon mercato, attentissime ai gusti delle ragazzine, propongono reggiseni e slip da ballerina di lap-dance.

Contaminazione e riabilitazione? Chissà. Uno spruzzo africano qua e là spiazza e scombina, ma il pericolo di evocare una savana selvaggia rimane alto.
twitter@boria_a

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