martedì 7 agosto 2007

MODA & MODI

L'arte del reggicalze

Dustin Hoffman sedotto da Anne Bancroft ne "Il laureato"

I ganci sotto le gonne si vedono, eccome, per quanti contorsionismi una faccia. E se il modello non è costoso, o addirittura confezionato su misura, le bretelline che partono dalla fascia in vita (e le cui collocazione pare implichi nozioni di trigonometria) non cadono mai nel punto giusto per sorreggere perfettamente le calze, tendono a tirare da una parte, a spostarsi, trasformando l'ipotetico oggetto di seduzione in una sorta di cilicio di cui vorresti liberarti al più presto e non per dar corso ai suoi auspicabili effetti.

Chi ha letto la Sophie Kinsella di «Sai tenere un segreto?» ha idea della faccenda. La protagonista si lamenta dei fastidi legati a un perizoma, ma la descrizione si adatta ad altri ammenicoli del genere: la sensazione di qualcosa che si attorciglia in modo incontrollabile, piccole protuberanze che spingono sul tessuto nei momenti meno opportuni, la cintura che ruota, l'idea che un piegamento scombini tutto l'armamentario.


Indossare il reggicalze, o saperlo scegliere, è un'arte in via di estinzione. E confesso di ammirare con un misto di invidia e stupefazione, nello spogliatoio della palestra, una signora non più giovanissima che lo porta con straordinaria disinvoltura, addirittura sotto i pantaloni. Le mie caute richieste di istruzioni evidenziano un unico fatto: per la generazione del femminismo e dell'immediato post, il reggicalze resta legato a un'idea di seduzione maschile attraverso la sottomissione femminile, quindi da aborrire. L'idea però stuzzica, non solo perché ti senti la Mrs Robinson de «Il laureato», ma anche perché ormai le catene dell'intimo a buon mercato lo propongono in tutte le taglie, i colori, a prezzi convenienti e molto più pudichi e raffinati di quelli volgarotti, di nylon, col pizzo di bassa qualità dei negozi di intimo pseudo-porno.
 

In effetti le vendite dei reggicalze sono in crescita. In Francia lo indossa una percentuale di donne che tocca il 15 per cento e se ne vendono trecento ogni tremila reggiseni. Un piccolo fenomeno, al punto che se ne è occupato anche il quotidiano Liberation, ripercorrendone l'invenzione, attributa a tale Fereol Dedieu, il francese che nel 1876 escogitò un indumento «che forma con il basso ventre, i fianchi e le cosce un quadro di bellezza, o un obiettivo, come si preferisce...». Anche in Italia l'interesse sale, soprattutto tra le giovanissime, bombardate da pubblicità di capi retrò, e tra i loro compagni, che regalano il reggicalze per gioco, senza caricare l'operazione di eccessive aspettative erotiche (ben diversi dai signori furtivi nei negozi di intimo, consegnati all'immaginario cinematografico dalla commedia sexy all'italiana...).

Dice lo scrittore Carlo Castellaneta: «Il reggicalze delimita e insieme esalta uno spazio dove potremmo smarrirci, e quel triangolo diventa così una sezione aurea, un poligono perfetto, la geometria del nostro desiderio...».

Basterà per ispirare le scettiche della generazione «anta»?
twitter@boria_a

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