martedì 2 ottobre 2007

MODA & MODI: istruzioni per tronchetti

Tronchetti. Già il nome non rassicura e dovrebbe mettere in guardia da entusiastici acquisti. Quantomeno fa venire in mente qualcosa di tozzo, incompiuto, squadrato, poco flessuoso. Non illudiamoci, è un po' di tutto questo. Eppure le riviste femminili ci dicono che sono tra i «must have» di quest'inverno, insieme alle calze fluorescenti, ai golfoni di lana, ai guanti fino al gomito e alla cintura-bustier.
Tronchetti, dunque, in inglese «booties», che suona meglio. Né una scarpa né uno stivale, una calzatura incompiuta, appunto, che avvolge il piede un po' feticisticamente e si ferma appena sotto la caviglia oppure, nella versione allungata, si spinge quasi a metà polpaccio, troncandolo senza pietà. Il tacco è sempre altissimo, a matita o a cono, altro particolare che segna questa stagione. Per chi non si fida ad arrampicarsi su quegli otto-dieci centimetri micidiali che, se non allenati, possono distruggere una credibilità, c'è la versione con plateau, quella piattaforma che ammorbidisce l'altezza pur lasciando la sgradevole sensazione di un supporto ortopedico.
La caratteristica dei tronchetti è appunto questa: essere ortopedici, costrittivi, con lacci castiganti, per questo gli stilisti ce li propongono spesso abbinati a tailleur, scamiciati e chignon legnosi, da zitella inaccessibile che suscita fantasie. Piede pudicamente nascosto, represso, e tacco da dominatrice: quale contrasto più stuzzicante?, spiega Berarda Del Vecchio nel suo illuminante «L'adorazione del piede» (Castelvecchi). Lo sapeva bene Rétif de la Bretonne (1784-1806), da cui lo sconosciuto nome di «retifismo», ossia l'amore verso le estremità podaliche e i loro accessori: è la scarpa che lascia immaginare quello che nasconde a scatenare le passioni più accese.
Con una collega consultiamo scientificamente i modelli di tronchetto a disposizione. Bellissimi, anche per chi ha molte perplessità, sono i Jimmy Choo bicolori, con fascia di vernice e l'inconveniente di costare metà stipendio. Ma ce n'è davvero per tutti i gusti e prezzi: di camoscio, vernice, satin, pelle, con inserti metallici, con profili dorati, un'unica o tante stringhe, fascia elastica centrale, fibbie, zip laterali, fiocchi, di tartan, bianchi e neri (perchè sono cinquant'anni dalla celebre scarpa bicolore inventata da Chanel), persino una versione perversissima col tacco a cono irto di borchiette (che, sadomaso a parte, fa venire in mente un sacco di pratiche utilizzazioni, anche nella quotidiana vita lavorativa...).
Ma i «booties» non accettano le mezze misure, non si può «camuffarli» con i pantaloni: amano i contrasti - abitini optical e cappotti striminziti o completi gessati e imbustanti - purchè le gambe sino a vista, meglio se con la calza fosforescente o velatissima. Polpaccio lungo e nervoso sarebbe dunque preferibile, ma c'è un pre-requisito su cui proprio non si può transigere: tronchetto è la scarpa, non la caviglia.
@boria_a

 Kate Moss in ankle booties

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