martedì 30 dicembre 2008

MODA & MODI: Carlà a sorpresa tra le malvestite
Victoria Beckham con la "Miss Sicily"
Per riemergere dalla melassa buonista del periodo festaiolo, non resta che consultare le classifiche più gustose di fine anno, compilate non solo dai magazine di moda ma molto più sadicamente dai gossipari on-line: le malvestite per eccellenza del 2008. Che, più estensivamente, vengono incoronate reginette (e reginetti) del cattivo gusto. Nonostante gli sforzi e le decine di migliaia di euro profuse allo scopo, Victoria Beckham non ce la fa proprio a mollare la top-ten, con lievi oscillazioni ristrette sempre ai primissimi posti. Anche nel suo sbarco milanese non ha deluso, incerottata nel prevedibile tubino nero dipinto sulle ossa, le ginocchia uscite dal temperamatite e la borsona di coccodrillo «Miss Sicily» del suo amato duo di stilisti, un assurdo fashion-etnografico. Con lei, tengono strenuamente la classifica l'eternamente derelitta Amy Winehouse, caricatura ormai quasi eroica della barbona, e Lindsay Lohan, che, sotto gli abitucci sbrilluccicanti, quest'anno ha avuto perfino un'iniziativa modaiola, creare una sua linea di leggings: neri e attillati, una creatività insospettabile in un esserino così frastornato.
Tra le new entry del cattivo gusto, la laccatissima Sarah Palin,
Sarah Palin (Gary P Jackson)
con i tailleur legnosi quasi quanto il suo chignon e, a sorpresa, la première dame Carla Bruni, giudicata molto più credibile nelle foto ero-chic che nel guardaroba precisino e monocolore che Dior le ha disegnato addosso per il nuovo ruolo. Madonna è relegata tra i casi ormai irrecuperabili: quale vestito potrebbe donare addosso a questa strana creatura, che tra bisturi, tiramenti di muscoli e palline di silicone ha la gelida elasticità di un manichino? Bocciati senza appello pure i «Brangelina», Brad e Angiolina, con la loro famigliona metà comprata e metà in provetta, che quando si muovono sia per lavoro che per diletto (o per partorire tra la natura, perchè sono persone semplici) finiscono per sequestrare un intero paese. La classifica delle italiane riserva poche sorprese. In tv, vallettume a parte, bocciate l'eterna quindicenne Paola Perego e l'animalista Licia Colò, l'unica conduttrice in grado di presentarsi sullo schermo con le calze color brodo negli stivali neri e una felpetta rossa natalizia. Non pervenute Valeria Marini, che ormai per passarsi il rossetto ha bisogno del pennello Cinghiale, ed Elisabetta Gregoraci, pure lei come Lindsay annoiata al punto giusto per lanciare la sua linea di moda, il brand «Billionaire», minacciato per il nuovo anno, con capi sportivi, eleganti, gioielli a tiratura limitata e abbigliamento per bambini innocenti.
Le signore della politica sono una riserva inesauribile e, a guardarsi in giro, sono anche quelle che seminano più solerti imitatrici, come si dice in questi casi, «sul territorio». Daniela Santanchè, dopo il flop politico, va in giro come una ragazzina, truccata da sembrare struccata, mentre Mara Carfagna si ostina a castigarsi in quei tailleur che dovrebbero trasferire sull'interlocutore una sensazione di solida autorevolezza e che finiscono per farla sembrare sempre fuori posto: subrettina al governo e ministra che promuove pentole. A sorpresa, i blogger salvano Maria Stella Gelmini: gli occhialini, il twin-set e quel filo di perle la fanno sembrare sinistramente perversa, una che, in qualsiasi situazione, fa male.
@boria_a
Carla Bruni col marito al Castello di Windsor nel 2008 con la regina Elisabetta e il principe Filippo

martedì 16 dicembre 2008

MODA & MODI

Re-design d'autore

Riciclo? Sì, ma creativo, bizzarro, imprevedibile e curato nel dettaglio come un capo di sartoria. Microscampoli inutilizzabili che diventano cinture obi, pezzi di tappezzeria trasformati in deliziose pochette o borsette da sera, vecchi bottoni fuori moda recuperati in bracciali stile Chanel, assemblaggi di lane per sciarpe lunghissime come un paramento, cappelli a metà tra il cuoco e il dignitario, maxi-spille a fiore confezionate con ritagli di sete vintage, collane di quadratini di vecchi tessuti uniti da un filo unico, persino un bustier ottocentesco color sabbia di lino grezzo per chi non ha paura di attirare gli sguardi. E c'è pure il riciclo ironico, la finta Fendi di tessuto a righe, da regalare all'amica che del logo proprio non può fare a meno...


Ines Paola Fontana e Roberta Debernardi, il duo artigianal-creativo che si nasconde dietro il marchio Studiocinque e altro (www.studiocinqueealtro.com), pare che lo facciano apposta ad arrivare sotto le feste senza una collezione di gioielli e accessori di tessuto «ortodossa», ma soprattutto «pronta». Il che, per le clienti affezionate, è la conferma di una certezza: ogni pezzo è unico ed è pure un work in progress... Chi entra nello storico negozio di tendaggi di viale D'Annunzio, infatti, capita che non comperi il pezzo già confezionato, ma che finisca per creare e sperimentare combinazioni di stoffe e uscire con un'idea di futuro accessorio studiato lì per lì, da ordinare e aspettare. Loro, infatti, consigliano ma non spingono: così si ritrovano ad assecondare desideri bizzarri, come quello di una borsa «istrice», disegnata e realizzata da Roberta con le stecche utilizzate per i bustini, e a mettere a punto sempre nuovi pezzi per una collezione che, tutta intera, non si vedrà mai. Commercialmente un disastro, ma vuoi mettere la soddisfazione.


Le idee regalo più originali nascono dal progetto «Re-Design» organizzato nel giugno scorso ad Ariis di Rivignano come tappa di «Maravee»: mostra e sfilata all'insegna del recupero e riutilizzo intelligente, filosofia che «ealtro» pratica da sempre. Ci sono microborsette  ssemblate con gli scarti della lavorazione delle tende, minuscole ma consistenti, un grande bracciale a disco composto da ottocento bottoni di modernariato trattenuti da filo d'acciaio, collane leggerissime e anelli sempre di un'inesauribile «eredità» di bottoni ormai fuori produzione, alcuni in una sfumatura glicine molto modaiola, e ancora sciarpe, cappelli, cuscini. Tra gli oggetti propri, anche alcune «ospitalità», come i piattini reinventati di Lucy.d: residui di servizi sopravvissuti a catastrofi domestiche o rimasugli di rigatteria che trovano una nuova dignità di servizio con l'applicazione di foglie di platino e d'oro, le borse fatte di camere d'aria e firmate Kontiki, i vasi di F Maurer che non sono altro che bottiglie decapitate.


Ogni gioiello o accessorio tessile è vintage e riciclo (i cappelli o gli inserti delle stole sono pezzi di vecchi pantaloni o di stoffe da pantaloni mai diventati tali...) ma la loro origine è irrintracciabile e inimmaginabile. Resta quel sottile fascino di fuori moda diventato, di nuovo, di moda.


twitter@boria_a



venerdì 12 dicembre 2008

IL LIBRO

Michel Pastoureau, un black carpet lungo i secoli
Monica Bellucci alla premiere de "L'uomo che ama"
Monica Bellucci imperiale in una fasciantissima guaina sull'ultimo red carpet romano per la presentazione del film «L'uomo che ama». Carla Bruni allungata come una pantera su una dormeuse Luigi XVI per l'obiettivo di Patrick Demerchelier. Penelope Cruz strizzata in una mise a clessidra per lanciare a New York «Vicky Cristina Barcelona» di Woody Allen. Sinuose, intriganti, raffinate, peccaminose. E di che color vestite? Nero. Fanno venire in mente la celebre frase della stilista Sonia Rykiel: «Il nero è indecente quando lo si indossa bene». Indecente e intellettuale, come ci ricordano i maschi total black, dallo scrittore Peter Handke al regista Peter Stein, dal critico Germano Celant al filosofo Bernard-Henry Lévy. È il colore, o non colore, più usato e meno etichettabile: se lo mettono le signore per non sbagliare alle prime, lo preferiscono le giornaliste di moda, come una divisa che fa sentire nel branco eppure distingue. Grida trasgressione se sono i fuseaux a rete di Madonna, rassicura nella versione «little black dress» con cui Chanel ha condannato milioni di donne all'uniforme più democratica e più tirannica. Naturalmente ha un intero guardaroba nero l'affascinante Fleur Daxeny, mangiauomini letteraria creata da Madeline Wickham, vero nome della shopaholic Sophie Kinsella: la «signora dei funerali», appena uscita in libreria, s'imbuca alle esequie di sconosciute, lacrimosa ma anche conturbante al punto giusto per rimorchiare subito il vedovo inconsolabile.
Nero colore che unisce opposti estremi, fin dalle origini con una simbologia ambivalente: esprime fertilità e autorità, ma anche inferno e morte. Comunque sempre alla moda e «moderno», come decretarono, all'inizio del '900, Paul Poiret, sarto amante dell'arte, e Marcel Proust, che vestiva di nero la sua Odette de Crécy, moglie di Swann elegante e libertina. C'è pure il nero lussuoso, nato nel XIV secolo e oggi utilizzato per il packaging dei profumi più preziosi o delle creme per il viso che promettono il miracolo: non si chiama forse «la nuova crema nera» quella di Armani che nasce dal vulcano di Pantelleria, dove lo stilista ha uno dei suoi lussuosi rifugi?
Perchè ci piace il nero? Perchè ci fa sentire maudit, perchè snellisce, perchè si sporca meno, perchè è distinto, o perverso, o funerario, o eccitante? Per scoprirlo c'è un viaggio colto e curioso, «Nero. Storia di un colore» (Ponte alle Grazie, pagg. 210, euro 34), firmato dal cromatista Michel Pastoureau, docente alla Sorbona, che quattro anni fa, con la stessa casa editrice, aveva pubblicato un altro intrigante percorso dedicato al blu e, prima ancora, con «Il Melangolo», un saggio sul rigato, la stoffa del diavolo.
Nero colore difficile, soprattutto da ottenere. Fino alla metà del XIV secolo si tratta piuttosto di «grigiastro», «bluastro», «brunastro». I tintori non sono in grado di produrre un nero nè monocromo nè brillante, come invece già da tempo fanno per il rosso o il blu. Per i rigidi codici professionali, poi, non possono tingere il nero se specializzati in altro colore. Per ottenere pastosità e omogeneità si usano la radice o la corteccia del noce, albero che sia il sapere botanico sia le credenze popolari considerano mortifero e che, sull'uomo, non può non attirare gli influssi malefici del diavolo. Finalmente, con la «noce di galla», si ottiene il total black: un'escrescenza tonda sulle foglie di certe querce dove gli insetti depongono le uova, viene raccolta prima dell'estate, seccata, addizionata con sali di ferro e, alla fine di questa tortuosa procedura, diventa una tintura efficace ma carissima.
La tecnica dunque trascina la corsa al nero nel guardaroba? Attenzione, spiega Pastoureau, è il simbolo che precede la chimica. Neppure la terribile peste che, tra il 1346 e il 1350, si porta via un terzo degli abitanti dell'Europa, determina, per reazione, un abbigliamento penitenziale. Sono piuttosto giuristi, magistrati, religiosi ad adottare per primi il nero come simbolo di austerità e virtù, così come i principi del lusso, il francese Filippo il Bello e l'inglese Edoardo, nei cui regni, a cavallo tra il 1200 e il 1300, il nero dilaga.
Di qui è tutta una galoppata attraverso la cromofobia della riforma protestante, lo spettro dei colori scoperto da Isaac Newton, che mette al bando gli estremi, il rifiuto del nero nel secolo dei lumi e la sua esaltazione da parte di romantici e preraffaeliti, la modernità del nero all'indomani della Prima guerra mondiale, il nero mortale della dittatura del Novecento, oggi il nero della «first family» d'America. E, a proposito di colore «politico», neri sono gli abiti entrati nella lista di quelli che hanno cambiato il costume degli ultimi cent'anni: i completi a vita alta e i cappottoni di Malcom X, leader dei musulmani afroamericani, nero su nero su nero.


Marlene Dietrich ne "L'angelo azzurro"

Eppure, di trasformazione in trasformazione, è rimasto sempre il profumo del proibito. L'intimo insegna: un secolo fa sulla pelle non si poteva indossare che bianco, il nero era per donne di malaffare, quantomeno ritenuto poco igienico. Bustier, culotte, giarrettiere, sottovesti nere eccitavano, turbavano, si indossavano nel boudoir e si guardavano da buco della serratura. La filmografia ha un'intera galleria di seduzione in nero, entrata nell'immaginario di tutti: nero è il reggicalze di Sophia Loren in «Ieri oggi e domani», nere sono le calze di Silvana Mangano in «Riso amaro» e quelle di Laura Antonelli in «Malizia», nero è l'abito di Anita Ekberg nella fontana di Trevi de «La dolce vita», nero lo smoking di Marlene Dietrich ne «L'angelo azzurro», neri sono gli abiti di Kim Basinger quando incontra Mickey Rourke-John in «Nove settimane e 1/2».
Kim Basinger in "Nove settimane e 1/2"
 


Oggi la lingerie è technicolor, passa dal tartan al ciclamino e le ragazzine riscoprono addirittura il terribile beige. Ma le linee «hot», quelle che propongono modelli come ragnatele dai nomi inequivocabili, «burn», «flame», «batgirl», sono tutti, sempre, «black label»...
twitter@boria_a
Penelope Cruz sul red carpet di Vicky Cristina Barcelona

martedì 2 dicembre 2008

MODA & MODI: tutte aspiranti Jackie

Quale first lady detterà legge in materia di stile nei prossimi mesi? Sarà la premiere dame di Francia, Carlà Bruni Sarkozy, o il suo primato verrà polverizzato dalla nuova stella fashionista, Michelle Obama, le cui scelte dividono il popolo dei blogger e fanno titolo sui giornali? Il match a distanza appassiona il settimanale francese «Le Nouvel Observateur», che non si nasconde come la splendida Carla abbia finalmente trovato pane per i suoi denti. Troppo facile il gioco contro la principessa consorte d'Inghilterra, la goffa Camilla, che accanto all'ex top model, per quanto in grigio e monacalmente bon ton come nell'ultima visita ufficiale nel Regno Unito, sembra sempre la governante vestita da domenica. E troppo scontata la vittoria anche contro le altre signore osservate speciali dai media, la garrula Hillary Clinton, tanto pastellosa, la maestrina perversa Sarah Palin (che pare la versione corn flakes della Gelmini), con quei tailleur griffatissimi e noiosi, l'uscente e severa Condoleezza, mai un guizzo, le signore italiane, squalificate già al nastro di partenza, così labbrute, liftate, fasciate, esposte.

Carlà e Camilla: confronto impietoso
Il prossimo grande appuntamento fra Carla e Michelle sarà il 20 gennaio 2009, giorno dell'investitura di Barack Obama alla presidenza americana. Michelle finora non ha sbagliato un colpo: ciclamino per l'accettazione della candidatura dei democratici da parte del marito, un diavolesco rosso e nero per la notte della vittoria e, in mezzo, tutta una serie di soluzioni, certamente suggeritele con intelligenza, che vanno dal vestituccio del grande magazzino, in sintonia con la recessione internazionale, allo stilista emergente, alla firma di nicchia, misurata ma comunque trasgressiva. Carla, quando ancora all'orizzonte non si profilava nessuna rivale di stile, ha esordito subito con un colpo da maestra: quella lunga guaina da sera color prugna con cui ha fatto sapere al mondo che non gliene importa nulla delle superstizioni e dei luoghi comuni, costringendo la stessa Michelle a seguirla su questa strada. Modello di entrambe, secondo «Le Nouvel Observateur», è Jackie Kennedy, come entrambe hanno deciso di indossare prevalentemente il «made in» dei rispettivi paesi. Michelle preferisce Maria Pinto, stilista di Chicago (quella dell'abito ciclamino sbracciato e con cintura nera in vita), il tailandese Thakoon Panichgul e Narciso Rodriguez, autore del modello nero e rosso della vittoria. Carlà, da quando ha deciso di essere francese fino in fondo, veste solo Dior o Hermes. La first lady ama lo stile colorato e casual chic, mentre la premiere dame ha un'eleganza più classica e raccolta e predilige i grigi, il blu, le nuance del viola. Scarpe basse per tutte e due: l'una per non far sfigurare troppo Nicolas, l'altra perchè con un metro
e 82 centimetri distribuito su un fisico da giocatrice di basket non ha bisogno di aggiungersi altro. Portamento? La rivista francese boccia Carlà, «troppo posata», e promuove la dinamica Michelle, perchè tutto in lei dice «sì, si può». E per quanto riguarda il marito? In attesa di capire chi imiteremo su borse, scarpe e make-up, in fatto di uomini il settimanale della sinistra francese dà l'americana in vantaggio: l'atletico Obama straccia il nanetto Nicolas.
@boria_a
Michelle Obama in Narciso Rodriguez con Jill Biden, moglie del vicepresidente Usa Joe