martedì 8 febbraio 2011

MODA & MODI: le nove vite dell'animalier

In molte speravamo che fosse caduto un po' in disgrazia come le punte delle scarpe uscite dal temperamatite, le spallone e i trench di pelle. Invece l'animalier ha sette vite e rispunta anche in una primavera che si annuncia all'insegna della riflessione, piena di pizzi, fiorellini, stampe folk, abiti lunghi e tanta voglia di candore. La leopardata è la specie modaiola da decenni sul punto di estinguersi. Si ridimensiona, si mimetizza, si castiga, si ritira nelle fodere, nei polsini, nelle balze, si appropria dello spazio circoscritto degli accessori, eppure alla fine ritorna pimpante sulle passerelle e occupa le copertine. E con una sola, crudele, zampata riduce a striscioline chilometri di teneri disegnini naif e motivi etnici, come quelli in cui ci avvolgeremo nei prossimi mesi. Sempre uguale a se stessa, sempre subdolamente infilata tra la tendenze della stagione.
Il maculato è il nuovo nero, sentenziano gli stilisti. Attraversa le ore del giorno e le generazioni, può virare dallo sportivo all'elegante, dall'adolescente alla signora negli anta, dal giorno alla notte, a seconda delle proporzioni e degli abbinamenti. Ma, dimenticano di aggiungere, a differenza del nero non si mimetizza, non è mai neutrale, non sfugge, non è accomodante e mantiene intatta la sua ferina carica di ordinarietà. Cammina sul filo del trash e basta un dosaggio sbagliato per precipitarvi e precipitarci.
Nell'inverno che stiamo attraversando, per le donne con più di qualche scontento, estetico e non solo, l'ubriacatura è stata forte. Maculato sopra maculato, finte pellicce tigrate con gonne fruscianti di zebra, macchie su righe, in un allegro tripudio bestiale dai capelli alle punte dei piedi. Giorni fa dividevo l'attesa nello studio di un professionista con una fiera metropolitana acquattata sotto un manto nero a grandi chiazze dorate e provavo un filo di inquietudine.
Non basta a rassicurarci ricordare che anche Jackie Kennedy cedette al fascino dell'animalier, che lo sperimentò un'indiscussa maestra di eleganza come Coco Chanel, che perfino la tormentata poetessa Sylvia Plath sognava di infilarsi in "calzoni tigrati", che la scrittrice Fabiana Giacomotti, nel suo libro "La moda è un romanzo", registri un'inedita leopardata nella Micol de "Il giardino dei Finzi Contini", che il cappotto a macchie sigilli il potere seduttivo di Anne Bancroft ne "Il laureato". Signore di classe, tormentate e affascinanti, mai sopra le righe. In quest'inverno 2011, al contrario, polverizzato il confine sottile che separa glam e kitsch, la stampa animalier ha debordato, dilagando dalle borse alla biancheria intima, dall'abito da sera al paraorecchie. È l'animalier che un tempo rivestiva le discoteche di quart'ordine, oggi i privè di provincia: tanto, troppo, ovunque. Non ci rassicura che resista tra le fantasie dei prossimi mesi. Possiamo solo augurarci che sia quello, discreto, del cappottino della protagonista di "Restless" di Gus Van Sant, uno dei film in uscita che ispirano la moda, piuttosto che la tappezzeria dozzinale del bunga bunga.
@boria_a
Mia Wasikowska  "Restless" di Gus Van Sant