martedì 19 aprile 2011

MODA & MODI

Niels a Trieste prima di Andrej, il quarto sesso

L'uomo di Niels Peeraer a Its Nine, Trieste
Il giovane designer belga Niels Peeraer aveva anticipato i tempi, nel luglio 2011 all'ex Pescheria, mandando sulla passerella di Its disarmanti creature a cavallo tra i sessi. Maschi pentiti o femmine androgine? Il dubbio era palpabile.

Uomini, in apparenza, così almeno stabilivano i cromosomi dei modelli selezionati per la collezione, che però richiedeva rappresentanti di genere con la vita non più larga di sessanta centimetri, il petto incavato e polpacci così esangui da riuscire ad arrampicarsi senza problemi su una decina di centimetri di tacco e zampettare in giro con disinvoltura dentro tunichette aeree, mostrando le ginocchia coniche.

 Quando poi è apparso sulla scena lo stesso Niels, si è capito la genesi del suo progetto estetico: biondo, diafano, glabro, avvolto in pantaloni da odalisca. Bisognava cercare l'angolatura giusta per capirne il sesso. Ma qualunque fosse stata l'opzione, avremmo sbagliato.

Ce lo dimostra l'antesignano degli enfant terrible della moda, Jean-Paul Gaultier, il primo a far sfilare l'uomo con la gonna, che nella sua ultima campagna stampa cavalca lo smarrimento identitario proponendoci due giovani biondocrinite incollate in un bacio a luci rosse. Saffo non c'entra, perchè si tratta di una perfetta coppia etero: lei è Karolina Kurkova, statuaria ex testimonial dell'intimo di Victoria's Secret, e lui, la vera icona, è il modello di origini serbe Andrej Pejic, viso angelico, chiome fluenti, senza un pelo uno sull'epidermide di alabastro, a suo agio sia in abiti maschili che femminili.

Quando veste in gonne, le labbra infuocate dal rossetto e i capelli raccolti, Andrej è una donna sconvolgente. Quando sfila in pantaloni, esponendo il torace implume, è un uomo dalla bellezza apollinea. Nè l'uno, nè l'altro e neppure gay. Andrej è quel quarto sesso che Niels Peeraer avrebbe voluto mostrare e a Trieste, dovendosi invece accontentare di indossatori acerbi al limite dell'anoressia e di un ragazzino nemmeno adolescente, niente a che vedere con l'asessuato che unisce in sè entrambi i sessi e che ogni volta sceglie quale mostrare.

Ma se fino adesso in passerella ci si limitava allo scambio dei capi - lui la gonna, lei panciotti e tailleur pantaloni - ora il travestitismo perde qualsiasi spontaneità e diventa un gioco algido e intellettuale, una sfida cerebrale a destabilizzare le certezze. Ne avevamo ancora?
@boria_a
Karolina Kurkova e Andrej Pejic per Gaultier

martedì 5 aprile 2011

MODA & MODI: Settanta "reloaded", senza idee

I Settanta "reloaded". Ormai ce lo suggerisce ogni vetrina: la stagione forse a torto considerata una delle più contraddittorie (e, diciamolo pure, bruttine) della moda, è di nuovo tra noi. Con i suoi fiorellini mignon sparsi su abiti lunghissimi e svolazzanti, con gli esagerati colli a barca delle camicie, che scoprono, democraticamente, le spalle di chi può e di chi non può permetterselo, con quelle pezzuole all'uncinetto che diventano micro-top, borse, costumi, ornamenti, con i sandali rasoterra, le zeppe di sughero e i grandi cappelli, con i tailleur pantaloni, la famigerata zampa di elefante. E pure quelli che una volta, quarant'anni fa, appunto, venivano chiamati "hot-pants" e che oggi, dopo vagonate di tanga televisivi, di hot non hanno proprio più nulla, ma sono teneri calzoncini naif che le commesse dei negozi di intimo indossano sopra le calze per farti apprezzare, diciamo così, i modelli di stagione.
Sono '70 dalla duplice chiave, questo il loro unico fascino. Il nastro si riavvolge per le signore negli anta e oltre, che ripensano a anni di scuola in zoccoli, gonnellona e fermaglio di cuoio sui capelli lisci fino al fondoschiena, a un'età dell'Acquario dove vestirsi coincideva con un "manifesto" di sè, con una voglia di libertà, di identità, di provocazione e contestazione. Gli anni dei fiori e dei jeans dal fondo a campana alla "Hair", degli shorts bollenti di Jodie Foster in "Taxi Driver", del tailleur maschile che Diane Keaton veste in "Manhattan", modelli transitati dallo schermo alla vita vera addosso a donne che cominciano a scoprirsi, non nel senso di porzioni di pelle, e imparano non solo a ballare da sole, ma a condurre la danza. Oggi le vetrine ci restituiscono quei lontani Settanta risciacquati (e per fortuna) da ogni nostalgia, ma anche da ogni traccia di fermento. Sono, appunto, pantaloncini corti che le ragazzine, sopra i leggings, indossano anche tra i banchi di scuola, zampe di elefante rieditate per denim ultracostoso e molto poco dirompente, uncinetti e rafie da it-bag, le borse griffate per cui ci si mette in lista d'attesa. E tanti fiori, su abiti e gonne: ma più che a un'armonia con la natura, di cui comunque ci sarebbe un gran bisogno, fanno pensare a uno sbiadito bon ton, anche un po' ipocrita.
@boria _a
Jodie Foster in "Taxi Driver"