martedì 20 settembre 2011

MODA & MODI: fast Missoni, dalla fila a eBay

La bicicletta di Missoni per Target
Code di centinaia di persone, sito paralizzato, tutto esaurito in giornata. La mini-collezione di Missoni per i grandi magazzini americani Target, una catena a basso costo dove, impietosamente, una blogger ripresa dall'Huffington Post dice di comprare solo "assorbenti e dolcetti per il cane", ha registrato un successo ancora superiore ai precedenti casi di "fast fashion", griffe che sfornano piccole collezioni di scarsa qualità per i grandi magazzini. Dopo H&M, che ha scatenato l'assalto al negozio londinese arruolando "colossi" come Karl Lagerfeld, Stella Mc Cartney, Comme des Garçon, Jimmy Choo, dopo Gap che, per il debutto milanese del monomarca, si è affidato ai due eredi di Valentino, la coppia Chiuri-Piccioli, anche gli zig-zag più amati in America hanno prodotto una linea di quattrocento pezzi, dalla cartoleria ai vestiti per l'intera famiglia, passando per tovaglie, porta laptop e biciclette, con un ventaglio di prezzi dai 2,99 ai 599,99 dollari. Preceduta da un bel battage pubblicitario, da cui gli spasmodici accessi all'on-line shop fin dalle sei di mattina, la "capsule collection" Missoni è stata bruciata anche nel grande "temporary store" di Manhattan, un gigantesco negozio a tempo che doveva accompagnare la settimana della moda newyorkese e che ha dovuto chiudere per esaurimento scorte dopo appena sei ore.
In tempi di crisi, però, il fenomeno della "griffe democratica" non ha più niente dello spensierato accaparramento alla "I love shopping". Innanzitutto, l'urgenza: la firma "a scadenza" è una strategia crudele, per creare nell'americano medio, che da mesi custodisce ogni dollaro, una specie di compulsività a comprare il più possibile e in un tempo limitato. E così, ecco le "desperate housewives" in fila per imbustare i propri bimbetti in tutine simil-carcerato con l'inconfondibile riga Missoni. E non solo housewives, se anche l'attrice Busy Phillips, la Laura di "Cougar Town", twittava trionfante: "Ho la bicicletta. Non quella coloratissima, ma sono lo stesso così eccitata...". Già martedì pomeriggio, su e-bay, erano oltre 1.500 lo offerte di prodotti Missoni for Target, rivenduti all'istante a circa il doppio del prezzo. Più che alla marca, la caccia è a qualche cent. O non sarà che se la griffe si "democraticizza" troppo perde tutto il suo glamour?
@boria_a
 La linea baby di Missoni per Target

mercoledì 14 settembre 2011

IL CASO
Pordenone Montanari, il pittore dell'anno che la Biennale ignora
Pordenone Montanari in una rara immagine. L'artista è nato nel 1937
Che si tratti di un "evento straordinario", di un "cadeaux per la città" come recita l'ufficialità del comunicato stampa, non c'è dubbio. Che sia un poco tardivo, però, è altrettanto vero. A due mesi dall'inaugurazione, la Biennale diffusa di Trieste "scopre" di avere tra i suoi ospiti Pordenone Montanari, il "caso artistico" del 2010, il pittore e scultore vissuto da eremita per diciotto anni e paragonato dalla critica internazionale a Picasso e Cezanne. E così, praticamente su due piedi, Pordenoneviene strappato dal suo aureo anonimato al terzo piano del Magazzino 26 e promosso ad artista da superlativi assoluti. Degno di, citiamo ancora il comunicato, "una piccola, ma prestigiosissima personale", "una chicca di altissimo valore internazionale", che è stata allestita al primo piano, accanto alla biglietteria, e che oggi, alle 16, sarà inaugurata da Vittorio Sgarbi.
Non più solo il "Torero nell'arena", l'unico quadro di Montanari, fino a ieri, ammesso alla Biennale ed esposto nella parete più prossima all'uscita sul terrazzo. La regola "un artista, un'opera", applicata dai curatori, ha ricevuto un generoso strappo e il selvatico Pordenone, nato Americo a poco più di un centinaio di chilometri da qui, sarà raccontato da un percorso di quattordici dipinti e otto sculture, per la prima volta esposte al pubblico. Sono arrivate l'altro ieri dal Piemonte, l'allestimento ultimato a tempo record.
La Biennale, per la verità, non ha fatto tutto da sola. A facilitare quest'operazione maieutica è stata la pagina dedicata dal Piccolo all'incredibile storia di Montanari, uscito dal quasi ventennale isolamento creativo della sua villa di Valle San Nicolao, vicino a Biella, grazie al casuale incontro con l'uomo d'affari anglo-indiano Raja Khara, intenzionato ad acquistare quella misteriosa casa con le finestre sempre "oscurate".
Da quel momento, gli eventi hanno preso una piega da film. Khara, una volta dentro Villa Maria, non si è innamorato solo dei muri, ma dell'uomo e del suo immaginario, fermato in centinaia e centinaia di tele e sculture sepolte tra le pareti domestiche, pure quelle affrescate. Ha comprato parte delle opere, ha promosso un fondo con investitori stranieri che ha acquisito i diritti sulle altre, ha coinvolto critici internazionali e ha organizzato la prima mostra di Montanari, nel settembre 2010 all'Istituto italiano di cultura di Londra. Insomma, Pordenone è diventato una storia da copertina sulla stampa italiana e straniera. I critici si confrontano sul suo posto nell'arte del Novecento, i galleristi, quelli che di lui hanno sentito parlare, si interrogano sul valore economico di opere che non hanno mai avuto mercato.
E Trieste? Vittorio Sgarbi lo voleva alla Biennale di Venezia, «ma l'arte contemporanea - dice il critico - deve pagarsi da sè, non può aspettare il sostegno dello Stato». Dunque, rotta verso il Magazzino 26, dove il "Torero nell'arena" è approdato, per corriere, a tre giorni dall'apertura della mostra. «L'ho segnalato io, Montanari - insiste Sgarbi - sarebbe stato grave non inserirlo tra gli artisti regionali degni di memoria».
Solitario, il "Torero". E l'autore, anche per i curatori locali, un vero punto interrogativo. Raja Khara era in vacanza, non ha potuto accompagnare l'opera del suo protetto. A vederla esposta in Portovecchio è arrivato solo i primi giorni di settembre e, pur da diplomatico consumato, non ha nascosto un filo di perplessità.
Da oggi, il "Torero" continua a rimanere nel suo defilato spazio al terzo piano. Ma al primo, a fargli un'ideale compagnia, ci sono, tra gli altri, una "Giovane amazzone", una "Bimbetta con mela", una "Modella nello studio", un "Fratello e sorella", un "Pasto del minatore", accanto a sculture intitolate "Lady" e "Maestro di cappella". Una "mostra nella mostra", per Pordenone Montanari la terza in assoluto nella vita (il debutto davanti al pubblico risale a venticinque anni fa, a Milano, quadri tutti comprati da tre banche), la seconda negli ultimi diciotto anni e la prima in Italia.
«La mostra è fantastica, siamo contentissimi di avere un'intera sala per far conoscere e apprezzare l'artista» commenta Raja Khara, che ha seguito in diretta la preparazione dell'allestimento e oggi sarà alla vernice, al termine della quale sarà presentato il catalogo della Biennale. «I quadri - racconta - li abbiamo scelti insieme, Montanari ed io. Vanno dal 1970 al 2011, in pratica rappresentano quasi tutte le sue stagioni creative. Diciamo che sono una combinazione di tre esigenze: le preferenze di Pordenone, le mie e la volontà di dare di lui l'immagine più completa possibile. Ne è uscito un bel percorso, che ci gratifica». Ci saranno anche immagini video di altri lavori dell'artista e una parete ospiterà gli articoli dedicatigli dalla stampa.
Lui, Pordenone, non verrà, non ama essere distratto dal suo lavoro. Ma ha affidato poche parole a Khara: «Sono molto felice di questo omaggio. E di come Il Piccolo si è "accorto" di me».
@boria_A
L'uomo d'affari anglo-indiano Raja Khara proprietario dell'opera "Torero nell'arena" esposta al Magazzino 26 (foto Francesco Bruni)

martedì 6 settembre 2011

MODA & MODI: lucertole anti-depressione

Nell'inverno del pitone, rivestirsi di squame sembra normale. Non basta sfruttare il serpente per un banale portafoglio da nascondere nella borsetta o una pochette da sera che potrebbe perfino passare inosservata. La livrea, percorsa da ferini grafismi, quest'anno è tutt'altro che discreta e viene venduta a metri per ricavarne soprabiti o gonne lunghi fino ai piedi, trench, giacche, abiti, maxi-cardigan e, in versione contenitore, almeno un bauletto da viaggio, una cartella, una gigantesca sacca o uno stivale che arriva sopra il ginocchio, adattissimo per le insidie della giungla urbana.
C'è da sbellicarsi dalle risate a leggere come l'ennesimo, soffocante animalier di stagione, la "tendenza" onnipresente almeno negli ultimi cinque anni (senza risalire a epoche precedenti, che per la moda sarebbero giurassiche), viene aggiornato da riviste fashioniste ed esperti televisivi: fascinating reptile, un "pattern" che combina l'allure con il lato "wild". Tradotto: è sempre un po' tamarro, ma l'hanno proposto tutti i nostri inserzionisti, così per forza dev'essere imperdibile.
Di più fresco (non nuovo), a voler proprio cercare, c'è il colore. Proseguendo nella linea "flou" già varata un paio di estati fa, l'animalier si rende presentabile sperimentando tonalità verde acido, arancio mandarino, rosa ciclamino, azzurro, ottenute secondo metodi di colorazione definiti "eco-friendly" (altra parola magica, come chilometro zero) che danno ai tessuti lucentezza e corposità.
Ci basta per calarci nella pelle del rettile? Che anche se centellinata, pesata, dosata, si muove sempre sull'orlo del precipizio estetico?
Il pitone dell'inverno 2011, così pronto a stritolarci sotto tanti profili che di altre spire non si sente proprio la necessità, non sfigurerebbe nella popolare rubrica "Why don't you" di Harper's Bazaar, in cui Diana Vreeland, a metà degli anni Trenta, regalava alle lettrici le sue "perle di assurdità". Diana, - l'icona di stile che un docufilm celebra alla Mostra del cinema di Venezia - suggeriva amenità del tipo "perchè non vi legate del tulle ai polsi al posto dei braccialetti?", o perchè non trasformate il "vecchio cappotto in un accappatoio?". Oggi potrebbe pensare a un "perchè non vi coprite di scaglie fino ai piedi e vi travestite da enorme lucertolona?". All'epoca voleva scuotere le signore americane appena emerse dalla grande depressione, oggi potrebbe convincerci almeno ad attraversarla.
@boria_a
Marc Jacobs, New York Fashion Week 2011