martedì 11 dicembre 2012

MODA & MODI

Vestite da Oscar

Strass e paillettes, scandisce il rap dei Club Dogo, come esempio di guardaroba del potere, di sbarluccichii cafonal da mandare al rogo. La moda ai tempi dello spread e della spending consapevolezza, invece, ci indora letteralmente la pillola. Con una spruzzata di ferrero rocher da mettersi addosso, sarà più dolce prosciugare quel che resta del portafoglio.
Se il glitter vi fa venire l'orticaria almeno quanto l'animalier, sarà tutto uno slalom tra le vetrine. Non si salvano il berrettone da neve, la muffola, la tasca del jeans, il plateau della scarpa, l'orlo della canottiera, i capi e gli accessori in apparenza più innocui e meno festaioli: trovare un centimetro di tessuto senza qualcosa che luccica come una pepita, un quadrato di lana pelosa, morbida e rassicurante, quietamente grigia e priva di sinistri bagliori, è un'impresa che mette a dura prova la già defatigante maratona natalizia.
Scappiamo dall'intimo che puntualmente amareggia lo shopping di questi giorni, obbligandoci a maneggiare tanga e boxer maschili color ciliegia dagli slogan imbarazzanti, ed eccoci ricoperte dall'oro e argento di vestiti, maglie, cappelli, ricami, passamanerie, trafori barocchi, zip e collant. Lampi di luce sfolgoranti e carichi di energia, non ansiogeni, che, secondo blasonati stilisti, sono la soluzione migliore per esorcizzare le mestizie dell'attuale momento economico. Anche la domestica felpa si è data una botta di vita, con una manciata di strass e paillettes, l'applicazione di catenelle dorate o di girandole di borchie, pronta a impalmare non gli scontati pantaloni della tuta, ma gonnelline di seta, di pizzo trasparente o con le frange di lurex.
Ricordate Meryl Streep alla cerimonia degli Oscar 2012, in total gold firmato Lanvin, quasi identica alla statuetta che ritirava per la sua Thatcher in "The Iron Lady" ? L'effetto festone natalizio è assicurato, ma in fondo anche lo scintillio e il calore della festa. Perchè no, se basta un abito e per una sera? Prendiamo spunto dalla Benedetta di "Ultimamente mi sveglio felice" di Lisa Corva, che semina paillettes come le molliche di pane di Pollicino e Hansel e Gretel. Lei si sente in una favola e magari qualcuno, seguendo la traccia, alla fine la scarta come un cioccolatino.
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Meryl Streep vestita da Lanvin agli Oscar 2012

lunedì 10 dicembre 2012

IL LIBRO
Kate Moss, queen of cool

Se alla fine avesse scritto quel libro di ricette di cui si favoleggiava sui blog, non si sarebbe davvero fatta mancare nulla. Modella più famosa del mondo (e seconda più pagata dopo Gisele Bündchen), icona di stile del decennio secondo Vogue America, emblema del "maledettismo" dalle molte dipendenze e partner ad alto rischio, sposa recente dell'ultimo dei suoi amori, Jamie Hince, in un matrimonio glamour-bucolico capace di annientare il contemporaneo "sì" degli opachi principi di Monaco e di oscurare pure quello di poco precedente dell'omonima Kate, futura regina inglese. Christian Salmon, scrittore e linguista al Centre national de la recherche scientifique di Parigi, le ha dedicato un saggio sociologico che dice tutto nel titolo "Kate Moss Machine". Macchina di cambiamento, incarnazione perfetta della "modernità liquida", scomodando la definizione di un altro sociologo, Zygmunt Bauman: in un mercato in continua mutazione, che ha perso i legami familiari e i riferimenti geografici e culturali, per cambiare, e quindi restare al centro dell'attenzione, bisogna trasgredire. Kate Moss, ci spiega Salmon, è "un'eroina della transizione", come Emma Bovary o Anna Karenina, in bilico tra la conservazione di sè e la distruzione. Un equilibrismo vincente, un azzardo continuo non disgiunto dall'essere "macchina", appunto, anche di soldi: chi mai, dopo lo scivolone delle foto pubblicate in prima pagina dal Daily Mirror il 15 settembre 2005, che la ritraggono a sniffare cocaina con l'allora compagno Pete Doherty, sarebbe riuscito addirittura a triplicare i guadagni?
Una cosa è sacrosanta: Kate Moss non ammette mezze misure, o si odia o si ama. E se la amate, e molto, al punto di accontentarvi di ripercorrerne vita e carriera cercando nel suo guardaroba, allora procuratevi il libro della giornalista inglese Angela Buttolph "Kate Moss Style. Storia, segreti e immagini di un'icona di stile" (Tea, pagg. 221, euro 16,00), che ci racconta, in una travolgente carrellata di immagini, come questa modella "piccola", a malapena uno e settanta, con i denti imperfetti e la prima misura di reggiseno, sia diventata "The Queen of Cool", la regina delle tendenze, in grado di scatenare imponenti fenomeni di imitazione e di precedere la moda piuttosto che indossarla. Tra una foto e l'altra, citazioni ammirate di stilisti ed estimatori vari, soprattutto proprietari di note boutique del vintage, londinesi e americane, dove Kate, fan dell'usato della prima ora, si rifornisce di pezzi che poi diventano altrettante icone da guardaroba. 


Kate Moss posa per Roberto Cavalli primavera-estate 2006
Successe, e fu la prima volta in cui il suo look scatenò una tempesta nella moda, per un paio di stivali di Vivienne Westwood della collezione "Pirate" del 1981, che Kate, patitissima della stilista, acquistò da "Rellik", vicino a Portobello, e si mise per un concerto di Santana a Londra nel gennaio 2000. «Era stata fotografata con quegli stivali e d'un tratto tutti ne volevamo un paio» racconta Steven Phillips, il proprietario del negozio, che si trovò a far fronte a circa duecento telefonate al mese per lo stesso modello. Su e-bay finirono a prezzi da capogiro, le catene del pronto moda inondarono il mercato di imitazioni e la stessa Westwood li rilanciò: Kate influenzava i suoi idoli.
Douglas Coupland, nel suo best-seller "Generazione X", spiega che nell'insicurezza economica e nella polverizzazione dei valori degli anni Ottanta e Novanta, i giovani pescano nel passato cercando punti di riferimento. Così fa Kate, soprattutto la Kate della prima ora, prima di diventare uno straordinario prodotto mediatico: mescola stili, epoche, valori per costruirsi un'identità. E in questo dimostra sempre un talento e un fiuto formidabili, in parte innati, in grado di traghettarla con successo attraverso le molte "transizioni" della sua vita e di imporla, sia a chi piace che a chi no, come perfetta interprete della sua epoca.
Con questa chiave va sfogliata la biografia di Buttolph, un bel manuale di look "inspirational", dove i dettagli hard della vita di Kate sono annacquati mentre la costruzione della sua immagine è documentata nel dettaglio. La scopre l'agente e model scout Sarah Douglas, all'aeroporto Jfk di New York, mentre, con padre e fratello di ritorno dalle Bahamas, la futura top, all'epoca quattordicenne, è in fila per comprare un biglietto last minute. A quindici anni, grazie alla fotografa Corinne Day, è già sulla copertina di "The Face", in un servizio, pubblicato un anno dopo nel luglio 1990, che cambierà la storia dell'immagine di moda, "The Third Summer of Love". Kate con lo scarno seno nudo, la faccia lentigginosa, il sorriso aguzzo e un'acconciatura da nativa americana, rappresenta la leggerezza e la voglia di divertirsi dell'Inghilterra di quel periodo, quando la cultura rave è all'apice, gli adolescenti si vestono nei mercatini e tutti sentono l'esigenza di essere "più veri" dopo l'ubriacatura di patinato degli anni '80. Calvin Klein la sceglie per la pubblicità dei suoi jeans, trasformandola da un giorno all'altro in un fenomeno, l'icona di una generazione che non ha miti né appigli ma una grande energia e voglia di vivere.
Il resto è cronaca. In trentasette anni intensi, centinaia di copertine, amori sregolati, da Johnny Depp a Doherty, una figlia, Lila Grace, con Jefferson Hack, direttore della rivista britannica "Dazed & Confused", un matrimonio fresco e un colossale impero finanziario grazie ai contratti con i più prestigiosi brand di moda, tornati da lei anche dopo la caduta pubblica. 
Kate il giorno del matrimonio con Jamie Hince, l'1 luglio 2011
"Modella dell'imperfezione", come s'intitola la biografia non autorizzata di Katherine Kendell, Kate che sa sbagliare e rialzarsi, volto e corpo di un'epoca dove la sperimentazione, anche di e su se stessi, è la regola. Milioni l'adorano per questo: agli esordi teen-ager piatta tra le top che dichiaravano «non mi alzo dal letto per meno di diecimila dollari al giorno», oggi, lei che i diecimila, e più, li prende ancora, tra le colleghe gonfiate è sempre autentica.

twitter@boria_a
Kate con Johnny Depp a Cannes nel 1997

sabato 1 dicembre 2012

MODA & MODI

Heidi in "boudique" per un Natale piccante
La lampada di Matteo Cibic

Un cofanetto di inchiostro al cioccolato per scrivere sul corpo. Una mascherina da notte rosso torbido, bordata di pizzo. Manette e collarini in raso, frustini da portare al collo come bijoux, lingerie percorsa da lacci, stringhe, cristalli. L'erotismo esce dai circuiti per iniziati e conquista i negozi. Anche le librerie, con collane come "Pizzo nero", hard per signore raccontato da signore, e gli spazi d'arredamento, dove l'apparentemente innocua lampada di Matteo Cibic nasconde un sex-toy, o la molto più allusiva "Pin up" di AnAtomic Factory promette momenti di passione sotto un paralume allacciato come un bustier. Se nelle "boudique", incrocio tra boutique e boudoir, una volta entravano solo le professioniste del settore o maschi alla ricerca di stimoli nuovi per compagne annoiate, oggi il sesso vende, vende alla luce del sole e attraversa tutte le fasce d'età. Fino all'ottuagenaria Gloria Vanderbilt che, cogliendo con scaltrezza il pepe del momento, ha dato alle stampe il suo romanzo piccante "Ossessione".
Ero-Natale, dunque? I sessuologi lo dicono da tempo: la troppa carne esposta, sui giornali e sugli schermi, ha deviato i consumi verso  sollecitazioni più sottili, più ricercate, dall'abbigliamento alla cosmesi, dall'oggettistica all'arredo. E se le ragazzine entrano nelle catene di
intimo a poco prezzo per scoprire coordinati trasparenti, sottovesti e balconcini sintetici, e rassicurarsi così sulle proprie capacità seduttive, le donne negli "anta", esaurita e assimilata la stagione femminista, non hanno più paura di abbandonarsi a fantasie e desideri prima soffocati. Prendiamo i copri-capezzoli, quegli oggettini fetish che le commesse del negozio precursore nel genere, Agent Provocateur, custodivano su cuscini di velluto insieme a manette, collari borchiati, frustini e altri ammenicoli sado.
Agent Provocateur 2009-2010 (fonte PourFemme)
Ora molti negozi di lingerie di lusso li espongono tra giarrettiere e culotte, come un piacevole e leggero divertissement, una promessa di piacere rarefatta e imprevedibile piuttosto che torrida.
In Inghilterra le definiscono "Heidi", highly educated, independent, degree-carrying individuals, ovvero donne realizzate, laureate, indipendenti, che sanno divertirsi in modo disinibito. Le clienti ideali del nuovo erotismo diffuso.
Se ne sono accorte da tempo le passerelle, dove ticchettano sandali in pizzo con fiocchi di velluto, tronchetti punteggiati di cristalli, caviglie imbrigliate in lacci e fasce e, sotto i trench da film noir, spuntano négligé, autoreggenti incrostate di decorazioni e culotte da accompagnare a una giacca. Il segreto? Un diavoletto ludico che vivifica tutto il trend. Sesso matto e molto "da" e "per" ridere. In fondo, ci vuole una bella dose di (auto)ironia per stendersi sul divano a forma di figura femminile, con gli occhi coperti da una maschera di velo e addosso non più le due leggendarie gocce di Chanel n.5 ma un pizzico di "O", nuovo prodotto di punta della linea Durex, un gel stimolante solo per lei.
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Pin up di AnAtomic Factory